La verità è che Schwazer non è stato assolto. Cosa succederà ora?

Le accuse penali di doping contro Alex Schwazer sono state accantonate, il GIP di Bolzano Walter Pelino ha archiviato la sua posizione nell’ordinanza di 87 pagine che ha fatto gridare allo scandalo non solo per la presunta manipolazione che si ritiene “provata con alto grado di probabilità razionale”, ma anche per l’attacco diretto alla WADA e World Athletics.

Sbaglia chi parla di “sentenza” in favore di Schwazer, quando in realtà non c’è stato neanche un processo. Prende un abbaglio anche il Presidente FIDAL Stefano Mei, che nell’intervista di ieri a Radio 1 Sport ha giustamente sottolineato come non si possa parlare di assoluzione, ma ha sbagliato quando ha affermato “io leggo quello che dice la sentenza, la sentenza però dice delle cose piuttosto gravi” e che “bisogna rispettare le sentenze”. In questo caso non c’è alcuna sentenza del tribunale ordinario mentre dal 2016 ne esiste una sportiva sacrosanta .

C’è una notevole differenza tra una archiviazione ed una assoluzione, c’è altrettanta differenza tra un’ordinanza del GIP ed una sentenza. L’archiviazione non blocca una eventuale riapertura delle indagini contro un soggetto precedentemente indagato per quello stesso reato, per cui non stabilisce nulla di definitivo come invece è per un processo completo che dopo i tre gradi di giudizio stabilisce l’innocenza o colpevolezza dell’imputato con una sentenza. Ma il caso di Schwazer è da sempre complesso e si è sempre prestato a fraintendimenti e mistificazioni.

Alex Schwazer dopo la seconda squalifica sportiva da parte del TAS dell’agosto 2016, è stato indagato per violazione della legge italiana sul doping (L. 376/2000) e allo stesso tempo ha continuato a gridare a gran voce la sua innocenza lamentando l’inverosimile manipolazione delle sue urine ed un complotto ai suoi danni. La fase delle indagini preliminari è stata condotta per 4 lunghi anni con elaborate ma contestate perizie del RIS di Parma che hanno rilevato il solo DNA di Schwazer però in quantità considerate eccessive, e si è conclusa pochi giorni fa con l’ordinanza che dispone l’archiviazione dell’indagato che appunto per questo non viene rinviato a giudizio. Il giudice Pelino nella sua decisione non ha semplicemente archiviato, ma è andato ampiamente oltre il mero provvedimento, prima criticando le motivazioni della richiesta di archiviazione del PM Giancarlo Bramante, poi esponendo le motivazioni della sua decisione con accuse dirette e pesanti contro WADA e WORLD ATHLETICS, decorando il tutto con punti esclamativi, citazioni di Cicerone, re Serse e commenti che sono andati di traverso alla World Antidoping Agency.

Riassumendo il giudice ritiene “provata con alto grado di probabilità razionale” la manipolazione delle urine di Alex Schwazer anche senza aver trovato la “pistola fumante”, e ricollega tutta la vicenda ad un movente di vendetta contro Sandro Donati e Schwazer, ripetendo le stesse identiche ed inverosimili argomentazioni difensive cui siamo stati abituati dall’ammorbamento mediatico della teoria del complotto che ci ha accompagnato in questi anni.
Quindi il giudice deduce che se nelle urine di un atleta (positive al doping) c’è solo il DNA di quello stesso atleta ma con una alta concentrazione superiore alla norma, allora l’unica possibilità è una manomissione.

Per la giustizia ordinaria italiana Alex Schwazer è innocente e la sua posizione va archiviata per “non aver commesso il fatto”. Ed è quest’ultima formula, tipica delle sentenze di assoluzione, che rende ancor di più inusuale l’archiviazione che dovrebbe essere decretata per notizia di reato infondata, autore del reato ignoto, mancanza di procedibilità o fatto tenue. Ma è più corretto che valutazioni specifiche su questa stranezza siano competenza dei giuristi.

La notizia ha richiamato notevole attenzione mediatica ma non è né una sentenza di assoluzione di Alex Schwazer e neanche una sentenza di condanna di WADA e WORLD ATHLETICS. Molti però vorrebbero farla sembrare così perché questa vicenda, dopo l’Indagine Olimpia di Bolzano, è la nuova testa d’ariete per chi come Sandro Donati da anni critica ed attacca il sistema sportivo e l’antidoping internazionale. Ma soprattutto è l’ultima spiaggia per l’ossessione olimpica dell’altoatesino e del suo allenatore.

A seguito dell’archiviazione penale, la sentenza di squalifica sportiva di Schwazer viene annullata automaticamente?
No, la giustizia sportiva agisce in un ambito completamente diverso da quella ordinaria, è autonoma ed indipendente. Una condanna sportiva per doping rimane valida anche a fronte di una assoluzione penale (o archiviazione) come del resto succede spesso, proprio perché le valutazioni dei due ordinamenti sono diverse e non necessariamente sovrapponibili. La decisione del giudice Pelino, soprattutto perché non è neanche una sentenza, potrà suscitare scalpore visto che si sostiene che la manipolazione delle urine è “provata con alto grado di probabilità razionale” ma non aggiunge molto ad una teoria su cui nonostante tutto non si hanno certezze sul dove, quando e chi l’avrebbe messa in atto e non viene spiegato quali elementi di fatto dimostrerebbero con certezza in che modo avrebbero aperto e chiuso la provetta B delle controanalisi. Le valutazioni del giudice in una ordinanza hanno comunque un valore e Schwazer ha sempre la possibilità di provare a richiedere l’annullamento della squalifica al Tribunale Federale Svizzero (unica autorità in grado di annullare una decisione del TAS) seguendo i passi che vedremo più avanti.

Il GIP poteva attaccare in modo così diretto WADA e WORLD ATHLETICS?
Senza addentrarsi troppo nelle prerogative e i limiti del GIP, la sua decisione sembra una sentenza ma non lo è, per cui questo particolare fa comodo a Schwazer e al suo staff legale che avevano comunque un disperato bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi senza il rischio di sostenere un processo. Non è chiaro se un GIP poteva formulare una archiviazione in quel modo e con quelle parole ed accuse, rimane il fatto che l’azione del giudice da un lato è stata definita coraggiosa, dall’altro è quantomeno inusuale ed ha sicuramente “sconfinato” in molti passaggi.
Ad esempio, quando parla di cambiare radicalmente le regole dei controlli affinché il campione B dell’antidoping venga affidato a laboratori terzi ubicati nello stato di appartenenza dell’atleta; una proposta pericolosissima che se applicata sarebbe certamente accolta con gioia dagli atleti canaglia di tutto il mondo (basta pensare solo alla Russia) che non aspettavano altro per tenersi a disposizione il campione delle controanalisi per vere manipolazioni. Oppure quando cita Pierre-Yves Garnier (incaricato dei controlli antidoping di World Athletics) dando particolare rilevanza alla sua sospensione di tre mesi per violazioni del codice etico IAAF,  ma dimenticandosi totalmente che per quella vicenda Garnier è stato poi assolto dal TAS. E infine quando cita ancora una volta Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto che “avrebbero spinto gli atleti a doparsi” in un quadro di doping di stato, ipotesi ridondante anche in ordinanze precedenti che però si scontra con la loro assoluzione piena in appello e la loro totale estraneità alla seconda positività di Schwazer.

Ha ragione la WADA ad infuriarsi?
Da un certo punto di vista no, è evidente che ha preso sottogamba la questione del procedimento penale contro Schwazer lasciando che si diffondessero le ipotesi sul complotto tanto che ora pure il giudice ci crede, ma del resto l’atteggiamento passivo e le risposte mancate (secondo il giudice) evidentemente sono state controproducenti ed hanno alimentato sospetti; sospetti assurdi ed inverosimili, ma se li ha una persona normale è ininfluente, mentre se li ha un giudice e si convince che siano credibili la cosa può rivelarsi problematica.
Però sia WADA che WORLD ATHLETICS erano le parti civili che già dall’inizio del procedimento penale contro Schwazer si voleva far passare per indagati. Ed effettivamente a fronte dell’ultima richiesta di archiviazione del PM che non incolpava l’altoatesino, ma neanche riteneva che ci fossero state manipolazioni delle urine (per questo le istituzioni sportive internazionali non hanno fatto opposizione), sembrava che questa vicenda andasse verso una salomonica conclusione. Ed invece il giudice Pelino ha compiuto un inusuale attacco diretto ed inaspettato che umanamente avrebbe fatto infuriare chiunque. La WADA nel suo comunicato di replica ha espressamente dichiarato di essere sconvolta da “accuse sconsiderate e infondate fatte dal giudice contro l’organizzazione” e che “la WADA ha fornito prove schiaccianti che sono state confermate da esperti indipendenti, che il giudice ha respinto a favore di teorie prive di fondamento”. Accuse gravi, risposte dure, soprattutto perché la WADA sostiene che la concentrazione di DNA rilevata nelle urine di Schwazer non è affatto anomala, e ritiene di averlo dimostrato con l’ultima perizia del Prof. Pascali che il giudice Pelino ritiene addirittura falsa.

Cosa possono fare WADA e WORLD ATHLETICS adesso? Possono querelare il giudice?
Di fatto il GIP accusa direttamente WADA e World Athletics di aver ostacolato le sue indagini al fine di coprire la manipolazione delle urine, ma non può accusarli dell’effettiva manipolazione, su questo non si hanno certezze: dove, quando, come, e chi l’avrebbe fatta? La querela verso il giudice non sembra praticabile, anche a fronte di accuse infondate. Ci sono altri strumenti legali come un ricorso al CSM (che comunque potrebbe essere poco influente) o una impugnazione per provvedimento abnorme o anomalo, questo è al vaglio degli avvocati. Oppure la WADA aspetterà se davvero tali accuse porteranno ad indagini e a presentazione di memorie difensive, fermo restando che le accuse alla WADA e WORLD ATHLETICS non comportano che vengano indagate in quanto organizzazioni, ma piuttosto che siano eventualmente indagate delle specifiche persone fisiche (i periti di parte, gli avvocati, i funzionari) per specifiche accuse tutte da provare. La strategia però potrebbe essere diversa per WORLD ATHLETICS che invece di contrattaccare tempestivamente sembra più intenzionata ad una tattica attendista, visto che è più interessata a impiegare le energie sul possibile ricorso di Schwazer al Tribunale Federale svizzero.

Quante possibilità ha Schwazer di tornare alle gare? Quali sono le sue opzioni?
Possibilità molto vicine allo zero. Può seguire l’unica strada di fare nuovamente un ricorso al Tribunale Federale svizzero (unico a poter annullare la squalifica del TAS) ma tale richiesta è già stata respinta nel 2020. Le motivazioni di quella bocciatura erano già state tombali perché Schwazer non aveva fornito prove nuove e anche la perizia del RIS si riferiva sempre alla lamentata manipolazione fatta nel 2016 davanti al tribunale arbitrale. Il nuovo ricorso potrà essere fatto in base alle stesse prove del precedente con in più l’ordinanza di archiviazione del giudice che non cambierebbe molto visto che non è neanche una sentenza definitiva. Inoltre, il Tribunale Federale svizzero già aveva sottolineato che Schwazer non aveva spiegato perché la perizia sul DNA nelle urine non era stata richiesta nell’ambito del processo davanti al TAS; una conferma di come l’altoatesino ha cercato di giocarsela in “casa” a Bolzano invece di far valere tutte le sue obiezioni all’interno del sistema di giustizia sportiva.

Anche nella remotissima ipotesi che il Tribunale Federale accetti un ricorso potrebbe certamente sospendere la squalifica, ma ordinerebbe di rifare il processo sportivo sempre al TAS di Losanna, una situazione simile a quella che sta vivendo il nuotatore cinese Sun Yang. Paradossalmente con la squalifica sospesa Schwazer potrebbe qualificarsi per le Olimpiadi, magari riuscire a vincere una medaglia, ma poi dovrebbe sempre affrontare un nuovo processo che, come successo in altri casi precedenti, con tutta probabilità confermerebbe di nuovo la squalifica di 8 anni annullando anche i risultati delle gare disputate nel frattempo. Vanno inoltre considerati tutti i tempi tecnici di presentazione e valutazione del ricorso, tempi di decisione, e nell’eventualità di accettazione se ci saranno ancora gare a disposizione per fare il minimo di qualificazione olimpico. Insomma, in qualsiasi caso l’unica via sembrerebbe già sbarrata o comunque disperata.

Si parla di una grazia da parte del CIO. È possibile?
CIO e Federazioni possono emettere provvedimenti di grazia nell’ambito delle proprie sanzioni disciplinari. Questo però non riguarda le sanzioni dell’antidoping, per cui non è prevista alcuna grazia, clemenza o indulto. Inoltre, la decisione della squalifica di Schwazer è stata emessa dal TAS di Losanna il cui unico “superiore” è il Tribunale Federale svizzero. Al di là del fatto che una grazia non è possibile, se per assurdo il CIO potesse darla in ambito antidoping sarebbe un caos di richieste da tutto il mondo con pressioni continue sul Comitato Olimpico da parte degli stati più influenti, una situazione grottesca ed inaccettabile. In questa fantasiosa ipotesi l’Italia non farebbe una bella figura.

 

 

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