Ogni volta che si torna a parlare di una gara marcia in un noto quotidiano italiano o su post e commenti dei social, la quantità di concetti sbagliati utilizzati si amplifica quando raggiunge il generico appassionato di sport, che magari crede di conoscere tutte le regole sportive e si fida di quanto legge, ma davanti al “tacco e punta” cede alla banalità di ragionamenti fantasiosi e impropri: tutto a danno dell’immagine della disciplina della marcia. Ecco alcune precisazioni alla portata di tutti sul giudizio nella marcia, in particolare in merito alla sospensione:
- Si può dire che un marciatore è andato in sospensione usando come prova una singola foto che lo ritrae con entrambi i piedi staccati da terra?
La risposta è no.
La definizione della marcia, è la seguente:“La Marcia è una progressione di passi eseguiti in modo tale che l’atleta mantenga il contatto con il terreno, senza che si verifichi una perdita di contatto visibile (all’occhio umano). La gamba avanzante deve essere tesa (cioè non piegata al ginocchio) dal momento del primo contatto con il terreno sino alla posizione verticale.”
Per cui la violazione di sospensione è eseguire la progressione di passi in cui la eventuale perdita di contatto è visibile all’occhio umano del giudice di gara preposto. Prima di tutto il giudice di marcia è un ufficiale di gara esperto e formato, agisce in modo indipendente dagli altri e valuta la regolarità del procedere dell’atleta con i propri occhi, e non può utilizzare strumenti elettronici, il fermo immagine, il rallentatore o una singola foto. Se dai suoi occhi vede perdita di contatto (entrambi i piedi staccati da terra) è sospensione ed agirà di conseguenza, se non la vede non è sospensione e non farà nulla; è una questione di millisecondi, per cui una perdita di contatto brevissima (ad esempio meno di 40ms), come nella progressione degli atleti di alto livello con una tecnica di marcia corretta, è di fatto invisibile all’occhio umano e non è sanzionata.
Una fotocamera o smartphone dei nostri giorni può raccogliere 120 fps (fotogrammi per secondo), per questo una singola foto è un singolo fotogramma e non è indicativo di nulla. Non conta che i piedi siano entrambi “staccati” da terra in un determinato momento, conta invece il tempo totale della perdita di contatto e quindi la sua visibilità o meno all’occhio umano. Da una foto non si può dire “si nota una certa sospensione“, sarebbe una banalizzazione impropria.
Conta ciò che il giudice vede, non ciò che deduce o ipotizza; se è convinto di aver visto la perdita di contatto procederà con l’invio della proposta di squalifica per quell’atleta, altrimenti non agirà. Per prendere la decisione di inviare o no una proposta di squalifica per quell’atleta, il giudice valuterà anche la continuità della violazione di sospensione, quindi non è sufficiente un singolo passo con perdita di contatto per essere sanzionati, ci deve essere sempre una certa continuità .
L’utilizzo di una serie di foto può essere comunque utile ad un allenatore per cogliere errori tecnici del suo atleta, ma è una questione di allenamento tecnico e non di giudizio in gara.
- Si può dire che un marciatore è andato in sospensione da un video in cui, riducendone la velocità, vedo entrambi i suoi piedi staccati da terra?
La risposta è no (con alcune eccezioni).
Fermo restando il limite regolamentare del giudice a valutare gli atleti con la sola osservazione dell’occhio umano, con una videocamera professionale è possibile ottenere video molto dettagliati (ad esempio da 240 fps) da cui rilevare se il tempo della perdita di contatto supera il valore di non visibilità dell’occhio umano, ma bisogna individuare esattamente quando inizia la “fase di volo” (quando il piede di spinta si stacca dal suolo) e quando finisce (quando l’altro piede tocca il suolo). In mancanza di precisione non si può fare un rilevamento attendibile del tempo.Spesso le persone provano a cercare la sospensione di un atleta guardando al rallentatore video trovati su internet, che hanno un basso numero di fps, solitamente 25/30; da un video di questo tipo non solo si perdono dei dettagli importanti, ma è impossibile individuare l’esatto momento in cui il piede lascia terra e quando l’altro piede tocca il terreno, per cui il rilevamento del tempo sarebbe approssimativo e fuorviante. A meno che il tempo di volo non sia talmente elevato che, anche in caso di dato approssimativo, le ipotesi minima e massima di tempo di perdita di contatto siano entrambe ben oltre i 60 ms.
L’utilizzo di un video, anche di media qualità, può essere comunque utile ad un allenatore per cogliere errori tecnici del suo atleta, ma è una questione di allenamento tecnico e non di giudizio in gara.
- Esiste l’ammonizione per un atleta che non rispetta il regolamento tecnico della marcia?
La risposta è no.
Spesso il fatto che i giudici sanzionino un marciatore viene confuso con delle “ammonizioni”, come se si stesse parlando di una partita di calcio. In realtà la parola ammonizione non è presente nelle regole tecniche della marcia, dove non esiste il concetto di ammonizione.Nella marcia il giudice, quando ritiene che un atleta sia in procinto di violare le regole, può mostrargli una paletta gialla di richiamo, ma il colore giallo non deve trarre in inganno, non esiste alcuna ammonizione: il richiamo non ha alcun valore sanzionatorio, è solo un invito alla cautela, un aiuto per correggere l’atleta. Ad un atleta possono essere mostrate in gara più palette gialle da diversi giudici, e ciò non influisce in nessun modo su una sua eventuale penalizzazione o squalifica.
Paletta gialla – Richiamo per sospensione mostrato all’atleta Invece, quando il giudice è convinto che un atleta ha violato le regole tecniche (ad esempio è andato in sospensione) invia per lui una proposta di squalifica senza mostrargli nulla, e da quel momento non valuterà più quell’atleta perché per lui è come se fosse già squalificato. L’atleta potrà verificare se ha ricevuto o meno proposte di squalifica guardando ad ogni giro un apposito tabellone riepilogativo gestito dal giudice capo e posto sul percorso di gara.
Modulo per l’invio della proposta di squalifica (Cartellino rosso) Quando il giudice capo riceve tre proposte di squalifica da tre giudici diversi per lo stesso atleta, lo fermerà nella zona di penalità (penalty zone) per il periodo di tempo previsto dalle regole (che dipende dalla distanza di gara), e gli consentirà di proseguire non appena scontata la penalità. Una quarta proposta di squalifica da un giudice diverso dai precedenti per lo stesso atleta, corrisponderà a squalifica dalla gara, quindi il giudice capo appena possibile fermerà l’atleta mostrandogli una paletta rossa.
Paletta rossa per notificare la squalifica - È giusto affermare che una giuria di marcia valuta in modo soggettivo?
La risposta è no.
Questo è uno degli aspetti più dibattuti, ma spesso si sbaglia il punto di vista. Il giudizio del singolo giudice è ovviamente soggettivo, ma un singolo giudizio non basta per una squalifica. Il giudizio nella marcia deve essere considerato complessivamente, solo l’apporto di più giudici può concretizzare una decisione: 3 proposte di squalifica per un atleta concretizzano una penalizzazione, la quarta diventa squalifica, ma tutte devono provenire da giudici diversi. Una volta che c’è questa coerenza, la decisione soggettiva del singolo giudice che viene presa in modo indipendente dagli altri, si somma alle altre e si rafforza diventando di fatto oggettiva: un conto è la sospensione di una atleta che viene rilevata da un singolo giudice, un conto è che la stessa sospensione viene vista da tre giudici diversi o quattro.Le giurie di marcia sono composte da più soggetti giudicanti (5-8 a seconda del tipo di gara), a garanzia di equilibrio e in modo da avere le decisioni certificate da più persone. Ipotizzando che in una gara su pista con 5 giudici ci siano 2 di questi che non hanno colto la sospensione di un atleta, i restanti 3 garantiscono sempre un controllo adeguato della gara: la sospensione dovrà essere vista, se non viene vista allora l’atleta in quella gara è corretto, a meno che non ci siano troppi giudici che sbagliano valutazione. Per questo i giudici di marcia, sia con l’esperienza che con la formazione continua, cercano sempre di migliorare la propria capacità di giudizio ma soprattutto la propria coerenza nel giudizio, in modo che anche il singolo giudizio soggettivo diventi oggettivo.